Il Castello di Fratta

La prima notizia attestante l’esistenza di una struttura fortificata a Fratta risale al 1186: un diploma di papa Urbano III confermava, allora, al vescovo di Concordia il possesso della villa, del castello di Fratta e del borgo di Gorgo. Data la sede non lontana dalle principali vie di transito, che da Aquileia e dai valichi alpini settentrionali portavano alla vicina sede vescovile, si ritiene che il castello sia sorto per necessità di difesa contro gli invasore che a più riprese calarono fin dal IX secolo sulla pianura friulana e veneta. Gli scavi condotti nel sito hanno permesso di individuare la prima struttura fortificata sorta a difesa di un guado sulla roggia Lugugnana. Essa era una semplice torre a pianta rettangolare, cinta da un profondo fossato ed edificata con materiale di spoglio delle strutture romane della vicina Concordia. Il vescovo di Concordia concesse in feudo questo primo “Torrato, nido da Volpe” ad una famiglia di probabile origine tedesca, che da allora prese il nome “di Fratta”. A questi primi feudatari conosciuti dalle fonti archivistiche si deve la costruzione, accanto alla torre primitiva, di una struttura castellana più complessa, che comprendeva torri, spalti, fossi, spianate e mura secondo il bisogno e la costumanza del tempo. Nel 1244 Ugo e Goffredo di Fratta restituirono il feudo al vescovo. Per circa 20 anni il “vecchio Frammento di ceramica rinascimentale con profilo maschile (XVI secolo) Fratta e il Castello, olio su tela del XVII secolo. arnese di guerra” restò abbandonato, fino a quando il vescovo Alberto, nel 1265, lo infeudò alla famiglia portogruarese degli Squarra, probabilmente d’origine padovana e giunta qui per scopi commerciali. I rapporti tra i nuovi feudatari e il vescovo concordiese furono però da subito molto tesi, e sfociarono ben presto in violenti scontri armati tra le due fazioni. Nel 1327 Artico ed Enrico Squarra furono così privati del feudo e condannati a pagare un’ammenda di 200 marche aquileiesi. I feudatari frattensi rifiutarono la sanzione ed il castello venne assalito e distrutto dalle truppe del vescovo e della Comunità portogruarese. Per ritorsione gli Squarra, alleati con il conte di Gorizia e con il nobile Giacomo di Cormons, misero a sacco i vicini territori di Portogruaro e di Cordovado. Un accordo tra le due parti fu trovato il 14 ottobre 1327: gli Squarra vennero reintegrati nel loro feudo ed il castello di Fratta fu ricostruito. Nei primi decenni del Trecento la figlia di Enrico Squarra, Norbia, sposò Rizzardo di Valvason, che divenne così il nuovo feudatario di Fratta. La famiglia friulana rimarrà infeudata del castello fino al 1798 quando, per ragioni sconosciute e malgrado le violente proteste del vescovo di Concordia, Eugenio di Valvason fece abbattere il castello ormai ridotto in rovina, con la promessa di riedificarne al più presto uno nuovo. Tale proposito non trovò esecuzione ma le fonti storiche testimoniano la vendita delle pietre del Castello ad Alvise Mocenigo, che stava costruendo poco distante il nucleo centrale della sua città ideale: Alvisopoli. Il sito castellano, recentemente acquistato dal Comune, è stato oggetto di scavi archeologici e di un riordino ambientale finanziato dalla Comunità Europea, dalla Regione Veneto, dalla Provincia di Venezia e dallo stesso Comune di Fossalta. I lavori di ripristino hanno permesso la creazione di un ampio parco, di un teatro all’aperto e di un giardino dove trovano posto le antiche specie arboree e floreali presenti nel territorio in epoca medievale. Accanto ai resti archeologici del Castello, una casa quattrocentesca restaurata, che anticamente faceva parte degli annessi castellani, ospiterà tra non molto la sede di un Centro Culturale e di un Museo. Nelle nuove sale espositive si potranno ammirare i numerosi reperti rinvenuti durante le ricerche archeologiche e l’ampia collezione di libri, documenti e cimeli appartenuti allo scrittore Ippolito Nievo, che ambientò qui il suo celebre romanzo Le Confessioni di un Italiano.
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