Comune di Sant'Urbano

Oasi naturalistica

IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DEL BACINO VALGRANDE LAVACCI
 
L'ambito dei Lavacci, altrimenti conosciuto come «Bacino Valgrande», deriva dal vasto complesso di paludi, laghi e terre semisommerse che un tempo si estendeva tra le province di Verona e di Padova fino alle foci dell'Adige.
 
Dalle carte dell'Ortelio, datate alla metà del XVI secolo si recupera l'idea di questa vastissima area fatta di sistemi d'acqua e di terra, condizionati nei loro rapporti areali dai cambiamenti della falda, dalle divagazioni dei fiumi e dalle loro piene. Il Bacchiglione (Bacajon) scendeva allora ad ovest dei colli e dava origine ad un vasto lago del quale erano emissari, oltre allo stesso Bacajon, anche il Gorzone, che subito si immetteva nella Valgranda e poi nella valle di Languilara, l’odierna Anguillara.
Più a nord e a occidente stavano le Rote del Frata e poi le grandi Valli Veronesi.
 
Oggi non resta che la depressione, rispetto al livello delle acque dei fiumi e dei canali, ed un residuo di palude contenuta tra i canali Gorzone e Masina, nei territori comunali di Vescovana, Granze e Sant'Urbano, frammento modestissimo, che si estende su una decina di ettari, di cui la metà coltivati.
 
La restante parte, da molti anni è apparentemente lasciata alla spontanea evoluzione, benché sia affidata in concessione, affinché vi si svolgano attività zootecniche in forma di pascolamento brado ad opera di equini e bovini.

Oggi appare un prezioso, raro, cimelio di sistema semiterrestre nel territorio padovano. Vi si riscontrano piccole e frammentate, ma complete, seriazioni di associazioni vegetali, che vanno dai boschetti ripariali (salico-populeti con esemplari di olmo), ai cariceti, dai fragmiteti al tipheto per terminare, negli specchi liberi d'acqua, differenziandosi secondo la mobilità della corrente, alle associazioni di idrofite a Ninphaea, Nimphodes e Lemna.
 
Per la ricca varietà di ambienti e per il relativamente modesto disturbo arrecato dalle attività colturali che si esercitano nel contorno, compreso l'accesso agli argini con mezzi meccanici, nel biotopo sono presenti numerosissime specie dell'avifauna, dagli anatidi agli ardeidi, non escluse specie rare e di spiccato interesse naturalistico (Martin pescatore, Merlo acquaiolo, Rigogolo, ecc.).
 
La natura del sito richiede l'attivazione di severe misure di salvaguardia per l'esistente e l'attivazione di un progetto di recupero ambientale e di riqualificazione naturalistica per la parte di territorio, compresa tra i canali, oggi occupata da colture maidicole con scarse rese produttive.
 
Nell’analisi del territorio eseguita per la redazione del Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio Rurale, si rileva l’importante presenza di un particolare paleoalveo: "di un percorso atestino relitto rimasto attivo sino all'epoca alto medioevale con direzione W-E, che scorre da Bevilacqua a Montagnana, Saletto ed Este compiendo una serie di anse più o meno ampie. Si tratta di un paleoalveo non incassato ma pensile, per cui si presenta come un consistente e continuo dosso sabbioso con una marcata depressione centrale pure essa comunque più elevata rispetto al piano campagna circostante ad Este il paleoalveo pensile si divide in due distinti rami, di cui quello settentrionale prosegue verso Monselice, quello meridionale invece si dirige decisamente verso S-SW con andamento discordante rispetto alla rete fluviale toccando i centri delle Mottarelle, Deserto d'Este Villa Estense, Carmignano e Sant’Urbano fino ad intersecare ortogonalmente l'attuale corso fluviale dell'Adige. Tutti i centri abitati succitati, relativi ai due bracci del percorso atestino pensile, sorgono sopra i depositi relitti del paleoalveo”.

Dall'analisi del territorio agricolo complessivo si rileva come il territorio sia caratterizzato da una superficie agricola decisamente elevata, valutabile in oltre il 95%, dell’intero territorio comunale, nel cui interno si inserisce il bacino per la parte oggetto di intervento di valorizzazione.
 
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