Danni da freddo sull’olivo

Relazione del dott. Giorgio Bargioni, direttore dell’istituto sperimentale di frutticoltura di Verona, alla 16^ fiera dell’Olivo di Pove - 1997

 

 

Gli ultimi giorni del 1996 sono stati caratterizzati da un improvviso quanto intenso abbassamento delle temperature che ha interessato diverse regioni in maniera più o meno sensibile.

Il Veneto non è stato risparmiato; a Verona città il termometro è sceso a - 8.5°C, ma nelle campagne ha raggiunto e superato i -10°C; anche in alcune zone delle colline vicentine si sono avuti -10°C (Breganze) e -10,2°C (Barbarano); sulla costa gardesana, grazie all’influenza mitigatrice del lago, la colonnina di mercurio si è fermata per fortuna a livelli meno rigidi.

Queste temperature così basse sono purtroppo dannose all’olivo, la cui sopravvivenza viene considerata minacciata quando una temperatura media di -9°C si protrae per vari giorni. L’abbassamento verificatosi è stato di breve durata, ma è sopraggiunto dopo un periodo di tempo relativamente mite e quindi, specialmente nelle zone meglio esposte, ha trovato molti olivi in una condizione di non completo riposo e perciò più suscettibili di offesa.

I danni più frequenti e diffusi si rilevano sui rami più giovani e, ovviamente, si riscontrano più facilmente sulle piante da poco messe a dimora; essi sono rappresentati da defogliazioni più o meno intense, da fessurazioni più o meno estese della corteccia, da avvizzimento e/o arrossamento di parti della chioma. Non mancano tuttavia fessurazioni anche notevoli su branche di vari anni di età. Queste fessurazioni risulteranno più visibili, sia sui rametti sia sulle branche, a mano a mano che l’andamento stagionale consentirà una certa ripresa della vegetazione. Esse sono pericolose non solo perchè determinano facilmente la morte dei rami giovani, ma anche e soprattutto perchè possono rappresentare vie di facile accesso alle infezioni di "rogna", specialmente in quegli oliveti nei quali già sono presenti alberi con questo malanno.

Le coltivazioni che per prime hanno mostrato di avere sofferto sono "Grignan", "Pendolino" e "Maurino". Può apparire strana la presenza del "Grignan" in questo gruppo, visto che viene considerato di buona resistenza al freddo, ma è probabile che, proprio per questa caratteristica, al sopraggiungere del gelo le piante si trovassero in uno stato vegetativo più attivo rispetto alle altre, quindi più ricche di acqua e perciò suscettibili di offesa.

In alcuni casi si sono rilevati danni anche alla zona cambiale a livello del terreno su alberi di 12-15 anni di età; percuotendo la corteccia il suono risulta fesso e, sollevandola, si nota la zona cambiale fortemente imbrunita. Ciò non fa meraviglia se si pensa che a livello del terreno la temperatura può essere scesa maggiormente, avvicinandosi ai -15°C.

L’imbrunimento della zona cambiale del tronco non è indice assoluto di perdita della pianta; anche in seguito al gelo del 1985 non pochi olivi con il cambio imbrunito e poi morto hanno rigenerato un nuova zona cambiale superando l’inconveniente senza mostrare particolari sofferenze.

Qualora vengano rilevati i danni sopra descritti, particolare cura dovrà essere riservata alla potatura, che assume un vero e proprio significato di potatura di risanamento: l’intervento dovrà essere effettuato solo dopo che, iniziandosi la ripresa vegetativa, ci si possa rendere conto in quali punti riprende la nuova vegetazione; sarà bene allora cercare di eliminare completamente i rami interessati dalle screpolature (effettuare cioè una potatura corta), poiché, se anche il ramo riprende a vegetare bene, la screpolatura rappresenterà sempre un luogo di facile aggressione da parte di parassiti animali (per esempio la cocciniglia Pollinia pollonii).

Inoltre, al fine di evitare, o almeno ostacolare, il diffondersi dell’infezione della "rogna", specialmente negli oliveti nei quali già è presente, sarà opportuno effettuare al più presto un trattamento a base di rame, senza aspettare di avere eseguito la potatura, ma se mai ripetendolo dopo di questa.

Può anche darsi che questa precauzione sia superflua, poiché la penetrazione del batterio potrebbe essere impedita per il fatto che, ormai, le ferite provocate dal gelo si sono essiccate, ma, nel dubbio, è preferibile intervenire.

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