Il Sentiero 45 di Alonte

La realizzazione del sentiero n° 45, volta dall'Amministrazione Comunale di Alonte, è finalizzata alla riscoperta del nostro territorio nei suoi molteplici aspetti, talvolta dimenticati.
Sarà un'occasione per apprezzare anche i lavori e le opere, umili ma dignitosi dei tempo trascorsi, attenti al corretto equilibrio fra ambiente e uomo.

Il sentiero di Alonte consente di effettuare un'ampia ricognizione sui Colli Berici meridionali, non presenta difficoltà e può essere percorso in tutte le stagioni.
La prima parte del percorso, con la variante proposta, coincide con l'itinerario didattico ambientale "Passeggiando ad Alonte", realizzato dalla scuola elementare "G.Marconi" di Alonte.
Oltre che con i particolari aspetti culturali del territorio, l'escursionista verrà a contatto con due inconsuete realtà territoriali: l'imponente recinzione del Demanio Militare sul confine tra i comuni di San Germano dei Berici e Orgiano, e la perimetratura di una derlle più vaste cave di calcare a cielo aperto dei Berici, interamente in comune di Alonte.


Guida al percorso

Da Alonte a Corlanzone
L'escursione inizia dal piazzale del Municipio, passando vicino alla chiesa, che se aperta merita una visita.
Progettata dall'ingegnere del luogo Antonio Trevisan, fu consacrata il 10 febbraio 1878 quando la chiesa vecchia sul colle era già abbandonata. All'interno, l'unica navata circolare è sovrastata da una luminosa cupola semisferica. Oltre al maggiore, ha altri due altari: quello di sinistra con una pala di S.Biagio, e quello di destra con una elegante statua di Madonna con Bambino datata 1892.
Si prosegue per Via Roma passando vicino a una grande corte rurale che si estende lungo il corso dell'Alonte. Già casa padronale con fondi agricoli di un ramo della famiglia dei Trissino, passò in seguito ai Signori Marzari e poi ancora ai Revese; l'orato rio sulla pubblica via, dedicato a Santa Savina, si trova oggi in precarie condizioni.
Passato il corso d'acqua si prosegue diritti fino a un bivio di viottoli campestri alla base del colle; si prende quello a sinistra che sale per la massima pendenza. Giunti a un crocicchio di stradine si svolta a destra per la dorsale del colle di Corlanzone con ampia
visuale su Alonte da un lato e sulla Pianura Padana dall'altro. Dopo duecento metri si svolta ancora a destra (punto quotato 52, 10) e poco dopo a sinistra seguendo una vecchia strada con muretti a secco verso monte e un salto roccioso verso valle che si allun ga per decine di metri.
Si attraversa quindi un lungo appezzamento prativo affiancato da lembi di bosco che presentano, come in una grande vetrina botanica, alberi e arbusti tipici di questi suoli calcarei e soleggiati: roveri, ornielli, bàcari (alberi di Giuda), onta ni, carpini, olmi, bagolari (o spaccasassi), marucche, asparagi ecc.
In vista della torre campanaria di Corlanzone si prosegue diritti; seguendo la segnaletica si compiranno poi alcune deviazioni per le capezzagne dei vigneti e si giungerà sul piazzale della chiesa. Da un lato si nota un monumento a quattro giovani caduti il 27 aprile del 1945, le cui iscrizioni poste dai familiari di due vittime esprimono la tragicità di quel periodo di storia d'ltalia.
La chiesa, dedicata a S.Michele Arcangelo, risale al sec. XIV e presenta la volta della sua lunga navata centrale interamente affrescata.
Si scende quindi verso il Valico di Corlanzone che collega Alonte con Lonigo. A questo purlto inizia la variante "Bosco dei Molini" (priva di segnavia, vedi mappa e descrizione più avanti).
Si attraversa il valico ma prima di proseguire sull'altro versante, si può visitare un laghetto di pesca sportiva alimentato da una vicina sorgente e ombreggiato da alti pioppi.

Verso le Toare
Ritornati sul percorso che risale il colle, si sfiorano tre abitazioni e si prende a destra un viottolo che entra nel bosco. Seguendo bene le indicazioni ed aiutandosi con la mappa (p.Q. 72,50) si eviteranno altri sentieri e in direzione prevalente E-NE si prosegue tra boschetti di roveri, nuovi vigneti e vallette più o meno coltivate.
Attraversata Via Casara Roveri (p.Q. 125,20), dopo 300 m si rasenta una fattoria dedita all'allevamento di varie specie animali tra cui si notano spesso anche degli struzzi che incuriositi dai passanti corrono lungo il recinto.
Giunti su un ampio dosso dove si incrociano vari viottoli (p.q. 139,50) si svolterà a destra per una pista pianeg giante che scorre in direzione SE abbastanza distanti da un appostamento fisso di caccia, posto in posizione dominante (p.q. 140) ma piuttosto appartato.
In breve si giunge su stradina asfaltata che a sinistra porta verso le contrade della località Toare. A destra invece si può prendere la scorciatoia della Bocara per rientrare al punto di partenza (priva di segnavia, vedi mappa).
Prima della contrada si trova un pozzo in precario stato di conservazione, scavato lungo la pubblica via e datato "E.A. 1908". Un altro pozzo che raccoglie le acque di sgrondo si noterà dietro le case presso il p.q. 147,60.
Si prosegue per Via Toare e dopo un paio di deviazioni si giunge per tratti campestri ad attraversare la contrada Ca Vecchie.

Sui monti di Alonte
Dopo mezzo chilometro per Via Monte Pozzetto, punto più settentrionale del percorso, si devia a destra (dopo Via Colombe/lo) e al primo bivio ancora a destra dove l'itinerario si snoda in direzione sud tra numerose doline (piccole valli chiuse) e terreni parzialmente coltivati.
Il percorso si avvicina quindi all'imponente recinzione del Demanio Militare (D.M) e si snoda per quasi un chilometro parallelo alla vasta area custodita e sorvegliata dall'Esercito Italiano, deposito di munizioni noto come la polveriera.
Poi con un deciso cambio di direzione l'itinerario si orienta verso Alonte passando a nord
della Valle di S.Maltino ai margini di vasti vigneti dotati di moderni impianti d'irrigazione
"a goccia".
Fuori dalla tenuta agricola si comincia a discendere incontrando alcuni cippi numerati 
che delimitano l'altra grande area interdetta, quella della cava di calcare in località Paradiso.
Scorrendo parallelo a un piccolo scaranto, il sentiero discende al piano arrivando dietro una casa agricola ancora dotata del grande pozzo, profondo una dozzina di metri, che fu usato per attingere l'acqua per il bestiame della stalla.
Per un breve tratto lungo Via Campolongo si rientra in paese scorrendo lungo le mura dell'attuale Villa Trevisan. L:importante edificio che si intravede dall'ampio cancello, malgrado le trasformazioni avvenute attraverso i secoli, permette di riconoscere il cinquecentesco loggiato gotico del tempo dei nobili Traversi.
 

Variante dei Mulini
 
Questa deviazione consente di conoscere un po' più da vicino alcuni aspetti culturali propri dell'ambiente attorno ad Alonte.
Giunti al Valico di Corlanzone che collega Alonte con Lonigo si abbandonano i segnali de.l Sentiero 45 per scendere in direzione del locale cimitero. Oltrepassato il camposanto si prende Via Molini che risale dolcemente l'omonima valle.

I mulini di Alonte
Anche qui, come in altri luoghi dei Berici, la presenza di abbondante acqua sorgiva perenne ha favorito in passato l'insediamento di alcuni mulini.
Si incontreranno sulla sinistra tre edifici equidistanti che furono altrettanti mulini azionati dall'acqua di una roggia, qui chiamata "Rio". Durante il secolo scorso finirono per essere condotti tutti dalle famiglie Pozza, mugnai del luogo (alcuni soprannomi nati Carlini, da quando un Pozza sposò la figlia di un certo Carlo Spaliviero detto Conte Carlino).
Il primo che si incontra era all'inizio dell'800 di proprietà di Pedrin Francesco, poi passato a un tale Dottor Vanzetto. La sua ruota "a spinta" si fermò nel 1966 dopo aver macinato granaglie per tutta la zona fino a Sossano e Bagnolo. Oggi è irriconoscibile perchè completamente adattato ad abitazione: parti di macine e altri elementi lapidei sono sepolti sotto il cortile.
Il secondo mulino conserva ancora il suo aspetto rurale. Due secoli fa era di un Trevisan detto Cassandrin. Fu mulino da grano a due ruote, una per il "bianco" (frumento per farina da pane e pasta) e l'altra per il "giallo" (granoturco per farina da polenta e crusca o per altri cereali). Trasformato a una sola ruota idraulica "a peso" (cioè con l'acqua che arrivava da sopra) verso la seconda guerra mondiale dal noto artigiano Callisto Peloso da Grancona, finì la sua attività con la scomparsa dei fratelli Pozza che nel 1985 erano ancora orgogliosi di mostrare il buon funzionamento del loro mulino (a Sergio Pozza mancavano pollice e indice della mano destra, perduti a otto anni giocando tra gli ingranaggi del mulino di suo zio).
Da quegli anni la ruota in legno e ferro di 4,2 metri di diametro giace immobile sul retro dell'edificio, awolta dalla vegetazione e dalle incrostazioni, inutilmente percorsa dall'acqua del Rio.
Il mulino vicino alla sorgente era a una sola ruota di 5,2 metri di diametro le cui tracce sono ancora visibili tra le vistose concrezioni sul lato nord.
Originariamente era un semplice edificio a pianta quadrata costruito apposta per una sola coppia di mole ed era dell'Arcipretura di Alonte; quando si macinava, il conduttore riposava in una cameretta nel sottotetto. Successivamente lo stabile fu ampliato con casa e stalla abitata stabilmente da una famiglia di mugnai. Allontanatesi gli ultimi due fratelli Pozza (scapoli anche questi come molti altri mugnai dell'ultimo periodo), le adiacenze sono state adibite ad allevamento di trote data la quantità d'acqua disponibile, ma oggi è ritornato tutto in abbandono.
Fuori dalla valle e verso il paese un rusticale ancora riconoscibile è conosciuto come La Pila. Qui una ruota, spinta dal Rio, permetteva di "pilare" il riso che si coltivava nelle risaie della famiglia Revese a cui l'im pianto apparteneva. Passò poi a certi Dal Bosco e in ultimo alla famiglia Contro.
Un'altra pila da riso era presente nel primo '800 nelle proprietà dei Trevisan (Camillo e fratelli) a sud del paese dove ancor oggi sul retro dell'antica casa padronale scorre il Rio, anche se ormai completamente intubato.
Gli ultimi mugnai di Alonte recitavano con piacere una breve loro filastrocca che identificava luoghi e azioni di un mondo ormai scomparso: "Su che andrem I Se podarem I Possa non possa I Un gran alla volta.
(Primo mulino in alto con tanta acqua dove si poteva sempre macinare / Secondo mulino ben dotato ma meno alimentato del primo / Terzo mulino dove la forza idraulica diminuisce ("Possa" allude ai Pozza) / Ultimo mulino dove l'acqua con poca energia poteva azionare solo i "piloni" per il riso).

La sorgenle e la grotta dei mulini
La Sorgente dei mulini è una delle più copiose e perenni dei Berici meridionali tanto da generare un corso d'acqua di parecchi chilomelri. Vi scaturiscono le acque meteoriche che, raccolte nella massa di terreni e rocce retrostanti, scen dono fino a incontrare dei livelli impermeabili e quindi fuo riescono per dei collettori di un complesso sislema di fratture negli strati calcarei.
La Grotta dei Mulini di Alonte si trova un centinaio di metri più a nord e un po' più in quota della sorgente ad essa collegata.
La suggestiva imboccalura si apre alla base di una grande cengia a strapiombo frequentata da rocciatori. A seguito di intense piogge, conlribuisce a scaricare le acque meteoriche che vengono assorbite velocemenle dall'altopiano carsico sovrastante caratterizzalo da molte doline. La grotta di tipo "risorgente" è di difficile penelrazione per la presenza di sifoni e tratti perennemente allagati.
E' stata oggetto di varie spedizioni speleologiche che hanno accertato uno sviluppo esplorato di 670 m (seconda cavità naturale più lunga dei Berici) con un dislivello; rispetto all'ingresso, da -5 a 11 m.

Le tombe rupestri, il castello e altre antichità
Il colle di Alonte pur alto solo un centinaio di metri è stato frequentato già nella preistoria per la sua posizione isolata, facilmente difendibile, e per la vicinanza all'acqua e ad altre risorse. Lo attestano strumenti di selce, terracotte e frammenti metallici rinvenuti specialmente nel versante che scende in Vai Molini e risalenti a circa 3500 anni fa, all'Età del Bronzo.
Sul versante meridionale del colle, invece, si possono osservare una serie di antiche fosse funerarie scavate nella roccia. La giacitura orizzontale degli strati di alcuni cigli rocciosi ha favorito l'insediamento di una piccola necropoli rupestre. Rimangono ben visibili otto tombe di forma rettangolare e dimensione tale da contenere un corpo umano. Sui lati interni più stretti presentano dei rialzi, con funzione di capezzale, mentre lungo il perimetro esterno è ricavato un canale per l'alloggiamento della copertura e lo scolo delle acque. Alcune altre sono semidistrutte e occultate dal terreno incolto. Simili alle tombe di Barbarano Vicentino, presentano anche lo stesso orienta mento (prevalentemente NW-SE) che oltre ad essere dettato dalle simili morfologie dei due siti parrebbe essere intenzionale. Per analogia con altri luoghi, la necropoli viene fatta risalire al IV-VII secolo, quando sul colle di Alonte esisteva un luogo di culto non ancora obbligato all'usanza di seppellire i morti presso le pievi cristiane.
La sommità del colle fu probabilmente fortificata già nel IX secolo durante le invasioni degli Ungari, ma la mancanza di documenti medievali per la conoscenza del caposaldo potrebbe essere colmata con una ricerca di tipo archeologico. Infatti, se dopo l'abbandono del castello il luogo divenne una comoda "cava" di pietrame pronto per l'uso, sul luogo rimangono ancora muraglioni, cunicoli semisepolti, trinceramenti e grossi massi squadrati che se studiati farebbero maggior luce anche sull'antica chiesa incastellata di Alonte.
Della vecchia chiesa, ricostruita e intitolata a S.Biagio, si possono oggi vedere solo le mura perimetrali, austere testimoni delle secolari vicende di Alonte, salvate solo recentemente dalla completa rovina dagli attuali proprietari.


Testi di Giuseppe Baruffato 
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