Il Parco della Villa Mocenigo

Parte integrante dell’ambizioso progetto urbanistico di Alvise Mocenigo e perfettamente in linea con le idee illuministiche del tempo, il parco di Villa Mocenigo è un residuo di bosco planiziario di pianura, trasformato dal nobile Alvise in un giardino alla moda con l’introduzione di specie esotiche, lo scavo di canali, l’apertura di una serie di sentieri delimitati da siepi di bosco. Il complesso è rimasto per alcuni decenni in uno stato di completo abbandono che ha permesso alle specie arboree spontanee di riprendere il sopravvento, per cui ora ci si trova in presenza di una formazione vegetale che non differisce molto dai tipici boschi umidi della pianura padana. Il parco di Villa Mocenigo ha un’estensione di circa 3.5 ettari e presenta grossomodo la forma di un quadrilatero. Al tempo di Alvise vennero compiuti dei lavori di scavo con la creazione di una serie di movimenti d’acqua e con la realizzazione di un laghetto centrale. I lavori eseguiti permisero di disporre di materiale di riporto che venne utilizzato per creare tre aree sopraelevate sulle quali fu posto un albero diverso: un leccio, un platano e un tasso. Un ulteriore aspetto che dimostra chiaramente l’intervento antropico subito dall’area è la presenza di specie arboree estranee all’ambiente e quindi sicuramente introdotte, tra le quali l’ippocastano, l’ailanto, l’acero negundo e l’albero di Giuda. A ciò si deve aggiungere l’esistenza di circa 2 km di sentieri opportunamente tracciati, i principali dei quali risultano ancora delimitati da piante di bosso e completati da ponticelli in legno. Nonostante tutti questi interventi possano far pensare alla completa origine artificiale del parco, altri fattori attestano come si tratti in realtà di una parziale trasformazione subita da una formazione boscata preesistente. Il numero di esemplari arborei introdotti è infatti abbastanza limitato e la maggior parte della superficie è occupata da specie spontanee, tipiche dei boschi umidi di pianura, quali ad esempio l’olmo comune, il carpino bianco, l’acero campestre e la farnia, alberi che raggiungono altezze di 20 metri e diametri di 80 cm. A sostegno di tale ipotesi concorrono la notevole densità degli alberi, la presenza di una naturale rinnovazione rigogliosa su un terreno di notevole fertilità, l’esistenza di un sottobosco composto dalle stesse specie che si rinvengono negli ultimi lembi di bosco planiziario della pianura padana: Pervinca minore, Paleo silvestre, Sigillo di Salomone maggiore, Viola silvestre, Aglio orsino. La flora è rappresentata da numerose piante variopinte che nelle diverse stagioni colorano il parco. In primavera le bianche anemoni ricoprono vasta parte del tappeto erbaceo assieme all’aglio orsino dall’odore pungente, alle viole, alla primula, ad un’orchidea poco appariscente quale la listera maggiore dalle grandi foglie basali e al sigillo di Salomone con fiori biancogiallastri dalla forma a campanella. Lo strato erbaceo è costituito soprattutto dall’edera, da una graminacea, il paleo silvestre, e dal carice delle selve. Anche gli arbusti contribuiscono a ravvivare il parco con i loro colori: il biancospino e il ligustro dai fiori bianchi, così come il corniolo sanguinello, la berretta da prete e i viburni. Questi arbusti producono anche dei frutti colorati, rossi o neri. Particolarmente interessante è il dafne mezereo o fior di stecco, che all’inizio della primavera emette direttamente sul fusto, prima dello spuntare delle foglie, dei bellissimi fiori rosa. Anche le piante lianose arricchiscono l’ambiente: la clematide dai fiori bianchi molto vistosi, il tamaro, che pur producendo fiori quasi insignificanti, presenta frutti di un colore rosso vivo, e i rovi dai frutti saporiti. In maggio spiccano i grappoli gialli del bellissimo maggiociondolo, i fiori bianchi dei frassini e quelli porpora dell’introdotto albero di Giuda. In piena estate il laghetto centrale è ricoperto dai candidi e vistosi fiori delle ninfee. Nel parco si rinvengono soprattutto uccelli che vi si concentrano in seguito all’abbandono della campagna ormai del tutto inospitale nei confronti di ogni essere vivente. A seconda delle stagioni si possono osservare moltissime specie diverse. Il pettirosso e lo scricciolo, frequentatori invernali, sono presenti assieme al merlo, al fringuello, al verdone e al cardellino. È possibile sentire il caratteristico rumore dei picchi o il verso del cuculo; vedere un uccello di medie dimensioni dal piumaggio completamente giallo, qual è il rigogolo, oppure osservare la gallinella d’acqua. Spesso riecheggia il gracchiare di corvidi come la gazza, la ghiandaia o la cornacchia grigia. In estate è possibile scorgere uno strano airone appostato su qualche albero nei pressi del laghetto centrale in attesa della preda: si tratta della nitticora dal piumaggio bianco e nero. Si riscontrano inoltre altre due specie di aironi quali la garzetta e l’airone bianco maggiore, che nel periodo invernale trascorre la notte nel bosco. Tra gli alberi sono osservabili anche le cince e il picchio muratore, che utilizza i buchi scavati dai picchi per costruire il suo nido. Per quanto riguarda gli anfibi si segnala la presenza della rana di Lataste. La presenza di questa rana è molto significativa in quanto si tratta di una specie considerata in via di estinzione, specie che vive solo negli ultimi boschi della pianura padana. Nel laghetto del bosco trovano un ambiente ideale anche la tartaruga d’acqua, la biscia d’acqua e numerosi pesci come il luccio, l’anguilla, la carpa e la trota.
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