La magia dei disegni e i ritratti dei bolzanesi


 
“Ciò che colpisce subito dei grandi disegni di Ubaldo Oppi esposti in mostra nella Sala Consigliare del Comune di Bolzano Vicentino, è il fatto che sono in scala esatta con le pitture affrescate nella parrocchiale del paese per le quali sono stati preparati. Si dovrebbero chiamare cartoni, ma cartoni veri e propri non sono, sia perché non presentano i fori per lo spolvero del carbone che disegna la traccia grafica sull’intonaco prima della stesura del colore, sia per la precisione con cui sono resi i particolari: dalle fattezze dei volti, alle nodosità delle mani, ai dettagli delle vesti.
L’ attenzione è catturata soprattutto dai volti di Arcangeli, Apostoli, Evangelisti, Santi. Osservandoli attentamente ci si accorge che sono tutti dei veri e propri ritratti a carboncino, ricchi di chiaroscuri intensi con un effetto di grande realismo. E sono ritratti frontali o di esatto profilo, o al massimo di tre quarti, mai di scorcio, eseguiti quindi, con tutta probabilità, al cavalletto, con il modello vero in posa. Tanti sono i cittadini di Bolzano Vicentino che, a quei Santi e a quegli Apostoli, hanno prestato le loro fisionomie di contadini e operai e le loro mani grosse da lavoratori, anch’esse ritratte con la stessa precisione dei volti. L’unico ritratto idealizzato è quello del Cristo, che – forse per essere didatticamente più efficace – presenta le sembianze dello stereotipo tramandato nei secoli. Oppi preferiva disegnare figure e volti in una scala reale uno a uno perché solo nel disegno di grande formato si sentiva sicuro di rendere la verità di un sopracciglio che si inarca, l’intensità emotiva di uno sguardo, i segni del tempo e della fatica sulla pelle delle mani.
Per queste opere del nostro Artista non si conoscono disegni quadrettati in piccola scala, su cui di solito un pittore fissa il suo progetto esecutivo prima di trasferirlo sul cartone quadrettato in scala reale e quindi realizzarlo nell’affresco. Poiché anche i disegni grandi che abbiamo non mostrano alcuna traccia di quadrettatura, con molta probabilità Oppi ha desunto i moduli proporzionali delle sue composizioni direttamente dai modelli reali. Ne sarebbero una riprova le figure degli affreschi presenti nella chiesa: tutte le figure intere hanno le stesse proporzioni e tutte le teste hanno la stessa dimensione. È indubbio che nei disegni preparatori di questo ciclo di opere sacre prevale in Oppi la vocazione e il talento del ritrattista. I veri protagonisti delle scene sono, come si è detto, i visi dei personaggi, dalle fisionomie molto caratterizzate e dai tratti psicologici molto espressivi, mentre abiti e panneggi sono costruiti con tratti sintetici e una volumetria appena suggerita. La magia di questi grandi disegni preparatori sta appunto nell’alternanza tra l’estremo dettaglio dei volti e l’estrema sintesi delle vesti. Ma, a ben guardare, questo approccio alle figure è lo stesso che Oppi usa nei Tre chirurghi, il dipinto ad olio conservato nel Museo Civico di Vicenza. I tre medici in primo piano, vestiti di semplici camici bianchi quasi privi di dettagli, sono ritratti con tale caratterizzazione fisionomica e intensità espressiva che si ha l’impressione di conoscerli e di ascoltare i discorsi che fanno tra loro sotto il porticato di un ospedale o di una clinica universitaria.
Non c’è dubbio che l’espressività è più accentuata nei volti disegnati sui grandi fogli preparatori che in quelli affrescati, perché più precisi i dettagli e più definiti i chiaroscuri. E del resto sul disegno l’artista può ritornare, correggerlo e perfezionarlo, mentre l’esecuzione dell’affresco deve essere veloce e non consente pentimenti e ritocchi. Per questo nei disegni si legge meglio la fisionomia e il temperamento del modello paesano che ha prestato le sue fattezze ai diversi santi, del quale i disegni conservano tutta l’espressività. Anzi si potrebbe dire che i grandi disegni sono i sostituti di quei modelli viventi che Oppi non poteva avere accanto a sé mentre lavorava a parete, ma di cui aveva bisogno per trasferire nell’affresco l’emozione della loro verità psicologica”. [Prof. Mauro Zocchetta]    
 
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