Il mondo fantastico dell'Alta Val Torre

L’immaginario collettivo dell’Alta Val Torre si è conservato a lungo nel tempo e rappresenta una delle particolarità più interessanti della tradizione locale, poiché è alquanto diverso dalla cultura friulana della pianura e testimonia l’esistenza di un mondo diverso ed esclusivo.

Il legame con la natura e gli aspetti quotidiani è la base comune di tutte le leggende. Riguardo alle origini mitologiche degli abitanti dell’Alta Val Torre, installatisi sulle pendici dei Musi, la tradizione vuole che si trattasse di pastori provenienti dall’est e che imparassero a produrre il formaggio dalla “diuja žená – donna selvatica”, vestita con pelli di lupo. Tale leggenda, oltre a contenere un accenno autoreferenziale riguardo alle origini, riporta all’epoca in cui l’allevamento era la principale fonte di sostentamento, sottolineando come l’abilità in tale mestiere avesse addirittura un’origine mitica ed un certo alone di mistero.

Numerosi sono anche gli esseri mitici che popolano i boschi. Il più noto è lo škarifić, un folletto dispettoso con un berretto rosso. I bambini devono rincasare prima del buio, al rintocco dell'Ave Maria, altrimenti rischiano di imbattersi nel folletto che li attira nel bosco per rapirli.

A Vedronza si può incontrare la Povodica, lo spirito dell’acqua. Quando fa brutto tempo la si può vedere lavare a lungo sul torrente Maleščak. Bisogna stare attenti a camminare lungo le sponde dei fiumi, perché alla prima distrazione, la creatura d’acqua potrebbe trascinare l’incauto camminatore sott’acqua.

Di notte possono affacciarsi alla finestra di casa le “Slamene oči” gli “esseri dagli occhi di paglia” per ottenere una presa di tabacco.

Passeggiando per i boschi di Musi si può incontrare un essere metà uomo e metà caprone: questo spirito delle foreste porta acqua fresca ai boscaioli e fragole ai pastori sulla montagne. Ma attenti! Non fissate con lo sguardo le sue corna: rischiate un bel calcione!

 

A Musi una fonte per guarire dalle pene d’amore.

Lungo il sentiero che congiunge il borgo Simaz di Musi a Pian dei Ciclamini, presso le abitazioni di Trepetnika, si trova una fonte magica in grado di guarire le pene d’amore. La leggenda racconta che a Tanataviele viveva un bel pastorello. Portava a pascolare le vacche su un pianoro dove un giorno vi incontrò una bellissima ragazza vestita con un abito bianco stretto in vita, che sembrava venuta dal niente o dalle nebbie del mattino. Dopo che l’ebbe vista, il ragazzo non dormì più sonni tranquilli per diversi giorni finché, alla fine, riuscì ad avvicinarla scoprendo che la bella si lasciava conquistare. Fu un grande amore, che andò avanti per la primavera e tutta l’estate.

Quando le foglie cominciarono ad ingiallire la ragazza, che era in realtà una creatura d’acqua e si chiamava Srebrica (Fanciulla d’argento) si stancò del povero pastorello e dopo un ultimo abbraccio sparì per sempre, sgusciando come un’agile biscia.

Il povero patore in poco tempo, rifiutandosi di mangiare e dormire, finì per lasciarsi morire, tra la più grande costernazione della gente di Musi. La bella e crudele Srebrica si pentì di quel che aveva fatto, ma ormai era troppo tardi. Decise di trasformare il pastorello in una sorgente che scaturì poco sopra i prati dove si erano amati con tanta passione. Ancora oggi su quei prati scorre abbondante l’acqua della sorgente e si dice che chiunque avrà il coraggio di bagnarsi con quell’acqua gelida guarirà dalle pene d’amore dimenticandosi all’improvviso degli amanti ingrati.

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