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Il Museo Etnografico di Lusevera, fiore all’occhiello della comunità, conserva un patrimonio di testimonianze della cultura materiale. Istituito nel 1973, ha conosciuto un lungo periodo di chiusura dopo il sisma del 1976.

Solo nel 1981 il Museo riapre al pubblico, segno tangibile di un’emergenza ormai lasciata alle spalle. È, nello stesso tempo, la presa di coscienza che la ricostruzione deve essere anche recupero della memoria storica di un popolo attraverso la riscoperta e la valorizzazione di strumenti ed oggetti che ne hanno accompagnato la vita ed il lavoro, esemplificazione di come l’uomo abbia saputo adattarsi all’ambiente, di come egli ne abbia usufruito e di come abbia tentato di risolvere i problemi esistenziali.

Oggi il Museo è, a maggior ragione, espressione di un legame con un passato che non si vuole dimenticare, per non perdere la consapevolezza delle proprie tradizioni. Nato per volontà di un gruppo di studiosi membri del Centro Ricerche Culturali di Lusevera, è stato riallestito grazie a prezioso lavoro di esperti del “Goriški Muzej” di Nova Gorica. Il Museo ha sede in quella che fu la latteria  paesana.

Gli oggetti esposti venivano usati per i lavori domestici, per l’allevamento, l’artigianato, la produzione casearia, la religione. Il pezzo più singolare è particolare tipo di sottoscarpa piatto di legno col quale si copriva il buco da semina. Molto caratteristici anche i dalmini, calzature in legno piuttosto alte da terra, molto utili per camminare in terreni acquitrinosi o comunque quando pioveva.

La Chiesa di San Giorgio a Lusevera
(Visita: mezz’ora prima della messa domenicale delle 11.30)

 La Chiesa di Lusevera è di sicuro un’opera di grandissimo pregio architettonico ed artistico. L’arch. Gianni Avon ne ha curato ogni minimo dettaglio. La nuova chiesa posizionata con l’ingresso rivolto verso il paese, rappresenta il punto di arrivo della grande gradinata preesistente che la congiunge all’abitato, diventando così punto focale per la comunità. La struttura è coperta con due falde molto pendenti in legno. Il rivestimento interno è di mattoni a vista, idoneo per la resa acustica sia per la musica, sia per la parola, senza bisogno di amplificazioni.

L’arch. Avon ha voluto recuperare in essa alcuni elementi lapidei ad arco del vecchio campanile inseriti nella struttura muraria, due antichi capitelli del XIII secolo posti a lato del grande balcone rivolto verso la naturale bellezza del Gran Monte, l’acquasantiera del 1738 ed il prezioso organo Nacchini del 1743. Agli angoli della Chiesa sono stati realizzati due altarini con le pale di San Giorgio (opera di Colussi del 1776 recentemente restaurata) e quella della Madonna col bambino (sec. XIX).

L’organo Nacchini

E’ uno strumento storico assai prezioso opera del fabbricatore barocco della Dalmazia Pietro Nacchini (vero nome Petar Nakić, 1694-1796), famoso ai suoi tempi come inarrivabile maestro di strumenti della scuola veneziana, come il più celebre fabbricatore d’organi della Serenissima. I suoi lavori sono giustamente rinomati per la caratteristiche fine, chiara ed elegante sonorità e la precisione dei meccanismi.

Oggi l’organo si trova magnificamente restaurato tanto in sede di sonorità che meccanica, un’opera di grandissimo impegno portata a termine dal maestro Francesco Zanin di Codroipo.

L’organo è una realizzazione relativamente precoce di Nacchini, l’ottantaquattresima opera, del 1743 (la scritta originale è visibile tutt’oggi sull’assicella sopra la tastiera) e possiamo collocarla nel primo terzo della produzione del maestro. Da quanto si può dedurre dalle scritte all’interno dell’organo, questo fu fabbricato per la località di Farra d’Isonzo, quindi trasferito a Cormons, da dove agli inizi degli anni del XX secolo fu traslocato a Lusevera e qui inaugurato nel 1933.

L’organo è intonato alla maniera non uniforme del Riccati e la pressione dell’aria al mantice è piuttosto bassa, caratteristica della scuola italiana: ne deriva il tono delicato, nobile, elegantemente vocale.

 All’organo Nacchini siamo tenuti a eseguire il repertorio del rinascimento e del barocco italiano: quale magnificenza se pensiamo che in questo periodo l’Italia era maestra d’Europa sia nel campo della pittura che della musica!

Le opere nuove della Chiesa di San Giorgio

Le Via Crucis. La Via crucis è dipinta su pannelli di legno nello stile delle icone orientali, con un ricco simbolismo dei colori e delle forme. E’ il modo prettamente slavo ed orientale di esprimere i misteri della fede. E’ composta di quattro pannelli, ciascuno con tre scene. Il testo è nel dialetto sloveno del Torre.

La  croce. Posta dietro l’altare, è dipinta a tempera con uno sguardo allo stile delle croci toscane del XIII sec. Nelle quattro formelle agli angoli dei bracci troviamo raffigurati, partendo dall’alto:

la Madonna, madre di Cristo;

i santi Ermacora e Fortunato, padri fondatori e protettori della Chiesa di Aquileia che seppe unire popoli di cultura e lingua diversi: latini, slavi, germanici;

San Giorgio, patrono titolare della Comunità di Lusevera. E’ raffigurato nell’atto di infilzare con la sua lancia il drago che rappresenta l’insidia del male;

San Martino, rappresentato come un cavaliere. Viene tradizionalmente festeggiato come co-titolare della Chiesa. E’ rappresentato come un cavaliere: fermo sul suo cavallo, estrae la spada e divide il suo mantello per darne una parte ad un povero infreddolito.

 

Una lapide scritta in latino e sloveno.

A lato dell’ingresso è stata posta una lapide con un’iscrizione in latino e sloveno che riporta il nome del progettista della Chiesa (Gianni Avon), la data della consacrazione della Chiesa (6 luglio 1991) e ricorda il vescovo che l’ha consacrata (il vescovo di Udine mons. Alfredo Battisti). La scritta è in latino e sloveno in omaggio alle lingue madri della comunità di Lusevera.

La Chiesa di San Floriano a Villanova delle Grotte
(Visita: mezz’ora prima della messa domenicale delle 10.30)

 

La nuova Chiesa di Villanova delle Grotte è stata progettata dall’ing. Alberto Caroncini che ha recuperato e collocato in essa alcune opere della vecchia Chiesa distrutta dal terremoto come l’altare della Madonna del 1777,  le statue di San Floriano e San Mauro, il battistero, l’organo di Ivan Kacin e gli eleganti stendardi, vessillo di San Floriano.

L’organo Kacin. L’organo è stato costruito per la Chiesa dallo sloveno Ivan Kacin nel 1925 ed è stato restaurato nel 2010 dalla ditta Francesco Zanin di Codroipo. L’opera era stata commissionata nel settembre del 1925 per un costo complessivo di 22.000 lire. Una cifra onerosa per l’epoca che è stata racimolata facendo colletta tra gli abitanti di Villanova, gli emigranti all’estero e persino chiedendo sussidio a S.M. la Regina. Una parte del denaro venne raccolta anche attraverso una lotteria. Il parroco don Pio Collino benedisse un piccolo maiale regalato alla Chiesa in onore di Sant'Antonio Abate. Il maiale fu lasciato libero per i borghi. Venne poi organizzata una lotteria: il maiale era il premio. Furono venduti 824 biglietti a 2 lire l'uno, con grande vantaggio per le casse della Chiesa!

L’organo fu inaugurato domenica 9 maggio 1926. Per l’occasione il maestro Raffaele Tomadini eseguì un “bellissimo canto composto in onore del martire San Floreano”. Il 10 luglio 2011 la Comunità di Villanova delle Grotte ha festeggiato il ripristino dello strumento insieme ad autorevoli ospiti provenienti anche dalla vicina Slovenia.

Le opere nuove della Chiesa di San Floriano

La Risurrezione.E’ collocata sulla parete dietro l’altare. Consiste in 60 mattonelle quadrate con lato di 36 cm. Ogni mattonella è modellata a mano con tre tipi di argilla: bianca, rosa e rossa. La complessa rappresentazione è solcata da bianche ali che trasmettono sia la leggerezza del volo, sia la fatica dell’ascesi. L’opera si divide figurativamente in tre parti: in basso è rappresentata la prima creazione: ogni cosa esiste grazie al Verbo di Dio (v začetku je Beseda, vse se djela po njei – in principio era il Verbo, tutto è stato fatto per mezzo di lui). Al centro è rappresentata l’umanità e le sue diverse attività economiche, sociali, culturali ed artistiche. Centro e cuore ne è la Chiesa. Ogni cosa si riunisce in cerchio attorno al cerchio invisibile che è Cristo risorto il quale viene riconosciuto nel gesto d’amore di condividere il pane (so ga poznali kar je lomou kruh – lo hanno riconosciuto quando ha spezzato il pane). In alto si colloca il mondo di Dio (jaz sem te parvi te zadnji te ku živi – io sono il primo e l’ultimo, colui che è).

La Via Crucis

E’ composta di sei quadri di legno, ciascuno con due scene dipinte a tempera. Ogni scena è corredata da una didascalia nel dialetto sloveno del Torre. I quadri sono accostati a due, come le pagine di un libro aperto. Lo stile è quello della miniatura che fiorì nell’Alto Medioevo, soprattutto nei monasteri dove si “illustravano” libri liturgici, messali, testi sacri. Si può subito notare che la rappresentazione  della Via Crucis di Villanova è disposta “a rovescio”, da destra a sinistra. Ciò può assumere due significati: 1) il credente non si conforma, pensa e vive controcorrente rispetto al mondo; 2) la vita è sofferenza, ma la sua chiave di lettura parte dalla Risurrezione.

L’ornamento della Via crucis è di tipo floreale con sovrapposizioni cromatiche di tipo geometrico. Nella parte bassa di ogni quadro c’è uno stemma rappresentante un simbolo o un tema connesso col dipinto o col testo. Procedendo da destra a sinistra, gli stemmi rappresentano: un rotolo di pergamena, la corona di spine, lo stemma del Comune di Lusevera, i dadi da gioco, i Santi Ermacora e Fortunato, la cuspide del Campanile di Aquileia.

Le scene della Via crucis sono 12 perché le tre cadute di Gesù sono raccolte in una sola stazione, la quinta. Sullo sfondo di questa scena c’è la città di Berlino, simbolo del muro di ostilità che divide e di ideologia che contrappone interessi generando pregiudizi e diffidenza. Nella scena successiva Gesù è aiutato a portare la croce. Dietro è raffigurata l’Alta Val Torre. Nella settima scena Gesù incontra un gruppo di donne. Ai lati sono rappresentate due possenti strutture indicanti il potere istituzionale. A destra scorre la fuga degli archi di un acquedotto romano (segovia) ed a sinistra le colonne del tempio greco di Agrigento. Nella morsa del potere istituzionale senza volto, le donne compiono gesti umani di compassione. Nella scena ottava Gesù è solo, spogliato delle sue vesti e circondato dalle macerie materiali ed ideologiche di ogni civiltà. Nel penultimo quadro è rappresentata la crocifissione e la morte di Cristo, dipinta su fondo oro. Infine, al posto della deposizione di Cristo è rappresentata la discesa di Cristo agli inferi, verità peculiare della teologia di Aquileia che propone una visione ecumenica della salvezza. Con la morte di Gesù, la salvezza è offerta a tutti e tutte le nazioni, razze, lingue e culture vengono riscattate.  La Via Crucis si conclude con la rappresentazione di una strada: è la strada della vita che riprende dopo la morte. E’ attraverso la morte che c’è la risurrezione.

I mosaici

Il terremoto del 1976 ha distrutto l’altare del Redentore della precedente Chiesa. Alcuni di questi frammenti sono stati adoperati per comporre i cinque mosaici che si trovano nella nuova chiesa. A sinistra entrando, sulla parete c’è il mosaico della Madonna: la madre di Cristo è rappresentata in atteggiamento di preghiera ed è rivolta verso la Chiesa di Villanova. Sullo sfondo c’è l’Alta Val Torre e la cortina di montagne che la chiudono. Sopra la scena campeggia la scritta Varvi nas (proteggici).

In corrispondenza dei quattro punti cardinali, sono collocate le quattro croci benedizionali. Sulla parete ovest c’è la croce latina a due bracci che rappresenta Roma e l’Occidente. Sulla parete opposta è affisso il mosaico della croce di Gerusalemme che rappresenta l’Oriente, il cristianesimo ortodosso e le altre chiese orientali. La croce è costituita da quattro bracci uguali. Negli spazi del quadrante ci sono altre quattro piccole croci a significare il pluralismo e le differenti forme di accoglimento del messaggio. A destra c’è la croce dell’Egitto, di Alessandria, costituita da due bracci sormontati da un cerchietto che rappresenta il Sud. Sulla parete nord, infine, c’è la croce di Aquileia che rappresenta un passato in cui la chiesa ha vissuto il miracolo della Pentecoste: Slavi, Latini, Germanici assieme, uniti nella collaborazione e nella costruzione di un mondo rispettoso ed accogliente.

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