Dalle origini al periodo matildeo

Le origini di Castelmassa sono antichissime. Faceva parte di un territorio chiamato “Val di Po”, ricco di isole, una Polinesia disseminata di polesini. Un paesaggio fatto di terre scivolose in continua evoluzione.
Lo storico Plinio afferma che, a quell’epoca, il Po avesse più di trenta affluenti. Durante le piene, le acque dell’Adige si confondevano con quelle del Tartaro e del Po, e i luoghi, compresi tra i due grandi fiumi, non erano che lago e palude che si spandevano da Ostiglia al mare e venivano chiamati “ Sette Mari”. Dove il terreno si consolidava, si formava un villaggio, i cui abitanti si adattavano alla mutevolezza del Po con una vita fatta di pesca, pastorizia e magre coltivazioni.
Per render vivibili le terre emerse, gli Etruschi avevano scavato fosse per diminuire la violenza dell’acqua. La più importante era la Fossa Pestrina di cui è rimasta traccia fino al 1700. I geologi ritengono che la Fossa Pestrina fosse il  paleoalveo del Po di Adria, vale a dire un antico tracciato di un ramo estinto  del grande fiume.
Con la fine dell’Impero Romano, 476 d. C. la zona divenne terra di confini e di scontri. Nel VII sec. iniziò il potere temporale dei papi che tendevano a cogliere l’eredità bizantina. A quel tempo, molti insediamenti portavano il nome di Massa, derivante dal latino “ Masus” che significa “quantità di poderi”. In Polesine esistevano dodici “Masse”, ma solo il nostro paese ha conservato tale toponimo.
 998: i documenti citano il luogo con diversi nomi: “Massa delle Due Basiliche”, “basilica” come “edificio” luogo di culto ( nelle zone palustri le leggi canoniche  prevedevano  due chiese battesimali) o Massa Superiore”.
Agli inizi dell’anno 1000 Massa  era un semplice  villaggio, campo di contrasti continui tra feudatari confinanti. Attraverso questi eventi passò sotto la giurisdizione di Canossa, pur essendo inclusa “nell’antica Diocesi ferrarese”.

matilde
Firma di Matilde di Canossa

Nel 1017 il territorio di venne donato dai Canossa al Monastero di Nonantola. La contessa Matilde di Canossa, attraverso tre atti notarili, donò la terra, dapprima alla mensa Vescovile di Ferrara (1101), poi al Monastero di San Benedetto di Polirone (San Benedetto Po 13 aprile 1112).
La zona, all’epoca, era in parte abitabile e bonificata,  in gran parte coperta da boschi e circondata da acquitrini. La “ Gran Contessa” concesse il diritto di tenere un pescatore nelle paludi di Massa, di pascolare pecore, bovini e suini all’interno dei confini.
Infine confermò tutti i beni al medesimo monastero (4 maggio 1115). Diede, inoltre,agli abitanti “…il diritto di disboscare, pascolare e mietere…tutto ciò che può essere utile nel territorio di Massa…”.   Questo terzo atto fu rogato “… in castro quod dicitur Massa…”. Il riferimento al “castrum” indica una realtà di scorrerie e discordie. Lungo il fiume, infatti, frequenti erano le fortezze che rispondevano ad esigenze difensive e di controllo del traffico fluviale.
Si formò,   così, poco per volta,  una comunità di uomini liberi, che preludeva alla formazione del Comune rurale. Massa divenne un luogo fortificato sul Po, essendo sul tratto di fiume dove, ferraresi, mantovani e veronesi,  si combattevano per conseguire o conservare posizioni strategiche, territoriali ed economiche.
1130: il territorio di Massa passò sotto il patrimonio del Vescovo di Ferrara.
Dalla veloce incursione nell’epoca tardo antica e medievale, Massa emerge solo come punto geografico. L’assenza di narrazioni, di  vicende, lascia spazio all’immaginazione.
In principio una terra fluttuante, poi un villaggio galleggiante i cui abitatori  primordiali si stagliano sullo sfondo di un paesaggio fatto di acquitrini e di boschi. Uomini immobili nel tempo, come statuine di un presepe palustre perennemente in ostaggio del grande fiume.
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