La Befana

In centro “La Vecia” (la befana) si annunciava già a metà pomeriggio tramite sparsi suoni di campanellini e lontani richiami: “ La vecia, la veciaa…”.  In tal modo si creava un’attesa ansiosa della notte dai modesti doni. Si sapeva che il sacco della “ vecia” non era florido, tuttavia, la mattina, trovare ai piedi del letto “le bline” (biscotti fatti in casa), costituiva un premio e una gioia.
In campagna,  invece,  l’attesa per i piccoli,  cominciava molti giorni prima coll’andare a “BRUSCOLARE”. C’era chi raccoglieva rami per costruire una catasta e la sera della Befana si faceva il rito del “BRUSA VECIA”: si bruciava la legna, si bruciava la vecchia come un tempo, si diceva, si bruciavano le streghe.
Molti, però, non facevano il “Brusa Vecia”.  I rami,  raccolti così pazientemente, venivano legati in fascine che, la sera della vigilia, si deponevano davanti la porta di casa. Durante la notte “ la vecia” passava e si portava via la legna lasciando i soliti semplici biscottini.
La consuetudine del “ bruscolare” conteneva un insegnamento: la legna era indispensabile per scaldarsi, cuocere i cibi perciò neppure un ramo doveva essere lasciato sul terreno. Anche la Befana era povera, bisognava aiutarla a passare il rigido inverno. In tal modo la legna rimaneva in famiglia, ovviamente all’insaputa dei bambini.
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